

Attualità
Addio al professor Renato Rozzi, dalla psicologia del lavoro ai ragazzi “difficili”, un innovatore che ha lasciato un segno indelebile
Con la dipartita di Renato Rozzi, scompare una delle figure più importanti nella storia della psicologia del lavoro e, più in generale, di tutta quanta la psicologia italiana. Sono stato suo amico per molti decenni, ma, al contempo, sono stato suo collega e suo allievo, anche se non nella posizione classica e istituzionale di studente.
L’importanza della figura di Rozzi sta soprattutto nell’originalità del suo approccio, anche metodologico, alla nascente psicologia post-bellica. Egli è stato, in primo luogo, attentissimo testimone, dopo i veti del fascismo, della rifondazione di questo sapere, anzi tutto, con la lettura avida, ma acuta, già delle prime traduzioni nella nostra lingua dei classici mondiali della psicologia e della psicoanalisi. Con Rozzi e pochissimi altri studiosi è rinata una psicologia del lavoro italiana aperta ai contributi internazionali. Ma ciò che conta molto di più, è che questa vitale apertura non è avvenuta in lui in modo acritico, conformista e banale. Come dicevo, il suo profilo intellettuale, i suoi studi universitari di filosofia (e la sua stessa storia personale) l’hanno subito collocato in una posizione di costruttiva originalità critica. Rozzi è entrato nell’università dopo due esperienze professionali decisive. È stato educatore di ragazzi “difficili” quando ancora studiava in università ed è stato assunto come psicologo del lavoro presso l’ufficio personale dell’Olivetti ai tempi di Adriano Olivetti, cioè in un’impresa di assoluta avanguardia nei prodotti, nell’organizzazione del lavoro e in quella che oggi definiremmo: la responsabilità sociale di impresa.
L’esperienza lavorativa iniziale di educatore, che non ha mai dimenticato o ritenuto “superata”, ha posto le basi per il suo approccio clinico del profondo a tutti i problemi psicologici. Non solo...
L’importanza della figura di Rozzi sta soprattutto nell’originalità del suo approccio, anche metodologico, alla nascente psicologia post-bellica. Egli è stato, in primo luogo, attentissimo testimone, dopo i veti del fascismo, della rifondazione di questo sapere, anzi tutto, con la lettura avida, ma acuta, già delle prime traduzioni nella nostra lingua dei classici mondiali della psicologia e della psicoanalisi. Con Rozzi e pochissimi altri studiosi è rinata una psicologia del lavoro italiana aperta ai contributi internazionali. Ma ciò che conta molto di più, è che questa vitale apertura non è avvenuta in lui in modo acritico, conformista e banale. Come dicevo, il suo profilo intellettuale, i suoi studi universitari di filosofia (e la sua stessa storia personale) l’hanno subito collocato in una posizione di costruttiva originalità critica. Rozzi è entrato nell’università dopo due esperienze professionali decisive. È stato educatore di ragazzi “difficili” quando ancora studiava in università ed è stato assunto come psicologo del lavoro presso l’ufficio personale dell’Olivetti ai tempi di Adriano Olivetti, cioè in un’impresa di assoluta avanguardia nei prodotti, nell’organizzazione del lavoro e in quella che oggi definiremmo: la responsabilità sociale di impresa.
L’esperienza lavorativa iniziale di educatore, che non ha mai dimenticato o ritenuto “superata”, ha posto le basi per il suo approccio clinico del profondo a tutti i problemi psicologici. Non solo...
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Luigi Ferrari
(professore ordinario di psicologia economica
e del lavoro – Università di Milano-Bicocca)
(professore ordinario di psicologia economica
e del lavoro – Università di Milano-Bicocca)
00:00|November 14, 2024