L'intervista - Francesco Buzzella, presidente di Federchimica, analizza le opportunità legate a un ritorno al nucleare dell'Italia e gli errori compiuti nel recente passato dall'Europa, da non ripetere

Dottor Buzzella, il nucleare sta vivendo una sorta di “rinascimento”, con investimenti significativi in nuove tecnologie e una rinnovata attenzione da parte di diversi Paesi. Tuttavia, in Italia, l’eredità dei referendum è pesante, qual è il suo punto di vista?
«È stato un grave errore l’aver abbandonato questo progetto anni fa, a seguito dei risultati referendari, sull’onda di Chernobyl e Fukushima, ma oggi le cose appaiono diverse. Si parla di nucleare di quarta generazione, con reattori raffreddati a piombo liquido - e non ad acqua - quindi intrinsecamente più sicuri, più piccoli rispetto al passato - arrivano fino a 300 MW - sono da considerarsi come una sorta di “pila nucleare” con il vantaggio di utilizzare scorie di vecchie centrali come combustibile, cosa che elimina un ulteriore problema. Il progetto di NewCleo, ad esempio, è all’avanguardia, grazie ad una tecnologia estremamente innovativa. Il problema da risolvere alla base è che negli ultimi 30 anni il consumo di energia è raddoppiato nel mondo e nei prossimi anni aumenterà ulteriormente, perciò è impensabile che l’Europa, con una bolletta energetica di circa mille miliardi, dipenda per ben seicento - ovvero quasi il 60 per cento - dall’importazione da Paesi extra europei. Una dipendenza che parte come energetica, per diventare politica ed economica e dato che, per molte ragioni, non vogliamo sfruttare neppure il nostro gas, il nucleare ci potrebbe aiutare molto».
«È stato un grave errore l’aver abbandonato questo progetto anni fa, a seguito dei risultati referendari, sull’onda di Chernobyl e Fukushima, ma oggi le cose appaiono diverse. Si parla di nucleare di quarta generazione, con reattori raffreddati a piombo liquido - e non ad acqua - quindi intrinsecamente più sicuri, più piccoli rispetto al passato - arrivano fino a 300 MW - sono da considerarsi come una sorta di “pila nucleare” con il vantaggio di utilizzare scorie di vecchie centrali come combustibile, cosa che elimina un ulteriore problema. Il progetto di NewCleo, ad esempio, è all’avanguardia, grazie ad una tecnologia estremamente innovativa. Il problema da risolvere alla base è che negli ultimi 30 anni il consumo di energia è raddoppiato nel mondo e nei prossimi anni aumenterà ulteriormente, perciò è impensabile che l’Europa, con una bolletta energetica di circa mille miliardi, dipenda per ben seicento - ovvero quasi il 60 per cento - dall’importazione da Paesi extra europei. Una dipendenza che parte come energetica, per diventare politica ed economica e dato che, per molte ragioni, non vogliamo sfruttare neppure il nostro gas, il nucleare ci potrebbe aiutare molto».
Da sempre attivo nelle varie sedi istituzionali per difendere e rilanciare il ruolo dell’industria italiana ed europea, lei ha dichiarato che “in un mondo dove i vecchi equilibri di potenza politica, economica e industriale stanno affondando e quelli nuovi sono tutti da reinventare, l’Europa e l’Italia, tra protezionismi e instabilità commerciale, rischiano di fare la fine del vaso di coccio tra quelli di ferro, di manzoniana memoria”. Siamo davvero ridotti così?
«Purtroppo sì. Lo stiamo diventando. L’Europa era una potenza e così è stato per decenni, la rivoluzione industriale è avvenuta prima da noi che in altre aree del mondo, mentre adesso siamo in una fase di decadenza. Dopo aver raggiunto l’apice alla fine del secolo scorso, siamo in una fase discendente, in parte legata a fattori esogeni, come l’ingresso della Cina nel WTO, del 2001, cosa che ha consentito al Paese asiatico di esportare i suoi manufatti in tutto il mondo a condizioni produttive particolari. Oggi, ad esempio...
«Purtroppo sì. Lo stiamo diventando. L’Europa era una potenza e così è stato per decenni, la rivoluzione industriale è avvenuta prima da noi che in altre aree del mondo, mentre adesso siamo in una fase di decadenza. Dopo aver raggiunto l’apice alla fine del secolo scorso, siamo in una fase discendente, in parte legata a fattori esogeni, come l’ingresso della Cina nel WTO, del 2001, cosa che ha consentito al Paese asiatico di esportare i suoi manufatti in tutto il mondo a condizioni produttive particolari. Oggi, ad esempio...
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00:00|April 18, 2025
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